La Festa di Dischi Sotterranei - Il report del primo giorno!

26 Novembre 2022

Spiegare cos’è la Festa di Dischi Sotterranei a chi non c’è mai stato è veramente cosa ardua.

La dinamicità […per citare i Planet Opal beccati prima del concerto], è quella di uno strambo Natale di una famiglia allargata nel quale si stringono patti cincillando calici mentre si cantano càrole inventate e ci si scatena in un ballo senza tempo e senza ritmo.

Siamo al Cso Pedro, nel cuore popolare di Padova, città propria dell’etichetta e di alcune band che compongono il roster.

È la sera del venerdì 25 novembre e, a spicciolate, il pubblico approda nel cortile e nei locali, affollando sempre di più i sottopalchi. Da un lato il main stage, sede per gli artisti più navigati, come i Post Nebbia – su tutti – i Vanarin e – chiaramente – i già citati P.O. (nota di colore per il dj set di Exit Exit, apprezzatissimo). A dare il via alle danze, in un cambio palco dell’ultim’ora, c’è, tuttavia, Merli Armisa.

Dall’altro, in un contesto più ‘intimo’ circondato da murales colorati, sorge il second stage, calcato dai virtuosi snüff, dai superindie Visconti e dagli spassosissimi (con claque annessa) TAGADA.

Composti così i requisiti per la serata perfetta e oltrepassate le sfighe che hanno costretto Pietro Berselli a casa con la febbre, si comincia a capofitto ad allestire i festoni muovendo i neon stroboscopici e a gonfiare i palloncini elettrificando gli humbucker.

Classe ‘96, sondriese, Merli Armisa, ad un anno dal suo disco d’esordio, Lleb, si circonda di elettroniche lo-fi su linee suadenti del sax, azzeccatissimo nelle parti strumentali più armoniche. Nel concerto è accompagnato da una band di spessore, e dunque diventa gradevole su svariati punti di vista. Rompono il ghiaccio con passo felpato e scaldano il cuore dei presenti. Tanti gli applausi e la richiesta di bis, accordata, nonostante la fretta del passare la staffetta al second stage.

La band rivelazione della serata, potrei definirli. In primis, perché non dovevano esser lì. In secundis, perché sono maledettamente bravi. Gli snüff o gli snüff snüff (sempre con la dieresi) sono un trio che ha appena smaltito il jat lag dal Messico ed è pronto per spingersi oltre il nord-est d’Italia per un mini tour in Croazia. Andrea Davi, componente noto di altre svariate band, spinge l’acceleratore del mic con il suo graffiato rauco contornato dai suoi caratteristici ‘baffi alla Motorhead’ e al contempo dà vigorose pennate alla chitarra, accanto a lui Giorgia Malagò, con la sua voce prorompente ma carezzevole che fa baruffa con quella di Davi, è al contempo batterista-percussionista e cuore del power trio, infine Alessandro Maroso degna pietra angolare delle linee di basso.

Altro giro – altra corsa, venghino signori venghino, stanno già cominciando gli Imagine Dragons d’Italia, come qualcuno nel pubblico li ha scontornati, stiamo parlando, qualora la similitudine non fosse calzante, dei Vanarin. Synth a manetta, fuzz alla voce e capelli sballottolati all’aria. Un meta-viaggio da fare masticando caramelle gommose, mentre ci si tiene per mano per non sentirsi – in mezzo a centinaia di estranei – Lonely. Rapidi, con qualche parola d’intermezzo, attraversano l’album del 2021 Treading Water, dissetandoci a grandi sorsi con Orange Juice (EP 2 – 2020) sino all’elettrica quasi-ballad Care, singolo del 2021.

Second Stage non propriamente azzeccato per Visconti che sembra avere una fan base di una dimensione non risibile. Probabilmente è indie, forse fa rock, c’è un cicinin di post-punk-rock-boh ma tutto in salsa it-pop. Non lo so, ma piace, anche molto. Passamontagna bucato, sguardo imbrunito, ed è subito «èèè solo un gioco le mani nei capeeeeelli» (il ritornello de Le Idi di Marzo) cantato anche dalle mattonelle del Pedro. DPCM è l’album per risentirci di nuovo «distanti oggi per riabbracciarci domani», ma solo mentalmente, perché nel sottopalco c’è una bolgia pogante, che a sprazzi crea finanche circle pit (ma in che concerto sono? Quello dei Rage? Ndr.). Chiaramente, tra ballad sui fallimenti e graffiati asmatici da lista della spesa (Ammorbidente) non possono mancare gli stage diving (sono tutti vivi, credo).

Una serata serena, fredda di novembre ma – attenzione - senza càigo, come dicono i veneti, probabilmente perché è il momento dei Post Nebbia. Pienone annunciato per quella che è la punta di diamante dei Sotterranei, ormai nota anche fuori dal proprio territorio di nascita ed in in piena promo di Entropia Padrepio, l’ultimo album che tenta di scalfire la Santità partendo dalla dimensione terrena. Da lenti salite a rapide discese, l’atmosfera ondulante dei PN si fa sentire, ma mantiene intatta la concentrazione – quasi mistica – di un pubblico che è essenzialmente lì per amarli e poi, ascoltarli.

Dalle stelle alle STAR. Siamo nel pieno di una festa universitaria nella casa delle Palme? (se non sei di Padova, chiedi). Siamo amici ma non ci conosciamo neanche, più o meno è questo il mood del live, perché essenzialmente siamo qui a cantare ricordi di adolescenti brufolosi nati negli anni ’90, tra telefilm su italia 1 che infiocchettavano relazioni tossiche e rock losangeliano che faceva sognare le stratocaster appese nel muro della cameretta. I TAGADA con Jesse The Faccio alla chitarra ed un Ulisse Schiavo a far da aizzatore di folle sono essenzialmente questo. Un coacervo nostalgico ma virtuoso, che fa sorridere e vivere un concerto “comfort food”.

Last but not least gli elegantissimi Planet Opal, camicia bianca e pantalone classico, metodici e sinuosi, sono sul palco a suonare ma sembrano dei ballerini. La loro elettronica è passionale, vivida di riferimenti musicali. Percepisco in questa nuvola strumentale lineamenti di industrial, dell’avanguardia rumorista, in un suono pulito ora e da videogame ‘80 in loop, dopo. Un mix da ballare sì, ma assaporando ogni ingrediente che ne fa parte.

Una degna ciliegina che chiude con stile una serata indimenticabile, perché essenzialmente diversa, come le band di Dischi Sotterranei.

Ci si vede al day 2!

 
 

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