Homeless Fest 2022: intervista a Esseforte

Intervista alla band, terza classificata alla sedicesima edizione del music contest

3 Febbraio 2023

Gruppo nato dalla fusione delle due band Barabba e ITDJ, gli Esseforte si sono classificati terzi alla sedicesima edizione dell'Homeless Fest, contest per band emergenti che si è svolto a Macerata tra ottobre e novembre del 2022. La band é un ensemble, che propone una miscela di hip hop, electro, drill 'n' bass e power noise dalle tinte molto oscure. Il gruppo é formato da Riccardo Franconi (beat/elettronica), Tommaso Sampaolesi (voce/chitarra/sampling), Matteo Bosi (voce), Jonathan Iencinella (voce/chitarra). Riccardo, Tommaso e Jonathan provengono dalla scena rock/noise underground. Riccardo e Jonathan hanno suonato in band come Butcher Mind Collapse, Guinea Pig e Lebowski, mentre Tommaso ha suonato nei Cora e nel progetto solista Il tipo di Jesi. Matteo é invece l’unico componente che proviene dal rap ed attualmente fa parte della crew Zero Fans che ha base a Jesi, ma vede la partecipazione di rapper sparsi qua e la tra Italia e Regno Unito.

Esseforte è un progetto appena nato, che vede coinvolti musicisti provenienti dalla band BARABBA e dal progetto ITDJ. Volete parlarci più approfonditamente di questo nuovo progetto che fonde due linee paralleli? Come nasce la band?

Il progetto nasce da una reciproca stima artistica e dalla voglia di provare a fare qualcosa tutti e quattro insieme, sorta in seguito a una lunga serie di punti di contatto tra i due progetti preesistenti: Tommaso (ITDJ) dal vivo era già "l'uomo in più" dei Barabba (Jonathan, Riccardo e Nicola, che però non è poi confluito negli Esseforte), occupandosi delle parti di chitarra e delle backing vocals, e aveva già scritto un testo e prestato la voce su un beat dei Barabba. Da quel momento in poi gli si è aperta la vena e ha iniziato a scrivere a getto sviluppando il progetto ITDJ su altri beat di Riccardo (Barabba), che a quel punto si è trovato ad essere il beat maker di entrambi.

Poi nel progetto ITDJ è subentrato Matteo, prima con un featuring e come supporto dal vivo, poi sempre più organicamente fino a diventarne parte integrante.

in seguito i due progetti hanno inziato a condividere anche la sala prove e così tra birrette, chiacchiere e qualche cenetta a base di pappardelle e vino rosso al vicino ristorante Il Bucatino, insieme alla stima artistica è cresciuto sempre di più anche un feeling dal punto di vista umano e abbiamo iniziato a immaginare cosa ne sarebbe uscito se avessimo messo le capacità di tutti e quattro a servizio di un unico progetto.

Il primo passo è stato quindi di eleggere Il Bucatino a nostra base decisionale, dopo di ché abbiamo colto l'occasione dell'Homeless come punto di partenza per sperimentare l'interazione creativa tra di noi e l'impatto live del progetto. Ci è piaciuto ed eccoci qui.

Dopo la partecipazione al Homeless Fest, quali sono i progetti futuri della band?

Al momento siamo concentrati nella preparazione di un live che vorremmo girasse un po' prima di pensare a scrivere un disco, ma abbiamo già tanto di quel materiale più o meno abbozzato che in realtà basterebbe per due dischi, quindi da marzo-aprile, una volta che il live sarà pronto, abbiamo intenzione di dedicarci alla scrittura per riuscire poi a pubblicare qualcosa entro la fine del 2023. Discuteremo i dettagli dopo una cena al Bucatino ovviamente.

La vostra biografia riporta che siete da tempo molto attivi nell'underground. Come vedete l'ambiente rap della vostra città di origine, Jesi, e in generale nel nostro Paese?

In realtà tre quarti di noi - Jonathan, Tommaso e Riccardo - sono stati attivi più che altro nella scena rock indipendente, suonando in vari gruppi fin dai primi anni 2000, Guinea Pig, Cora, Lebowski, Butcher Mind Collapse, e sono stati a vario titolo "agitatori" dell'underground, coinvolti chi più chi meno, in etichette indipendenti, live club, organizzazione di concerti ed eventi, in quella che forse si può definire l'epoca d'oro del rock indipendente, sia per la vitalità della scena che si era creata sul nostro territorio, ma soprattutto per il circuito che si era venuto a creare proprio a livello nazionale e che ti permetteva di suonare un po’ in tutta Italia e farti conoscere tramite i concerti.

Poi ci sono stati i fatti di Piazza San Carlo a Torino e la tragedia del Lanterna Blu a Corinaldo e da lì tutto è cambiato: nel nome della sicurezza molti spazi hanno dovuto rinunciare ai concerti e il circuito ha iniziato a sfaldarsi, complici probabilmente anche le conseguenze di alcune trasformazioni nelle modalità di fruizione e di ricezione della musica che hanno finito per orientare il pubblico sempre più verso i grandi catalizzatori di attenzione, come i grandi nomi, i grandi eventi, i grandi numeri social, i grandi contenitori televisivi, sottraendo di fatto un po’ di ossigeno alle piccole realtà, per molte delle quali infine il Covid è stata l’ultima mazzata.

Per quanto riguarda nello specifico la scena rap del nostro territorio, se di scena si vuole parlare, allora bisogna tornare indietro almeno di 10-15 anni, quando ad Ancona, più che a Jesi, si respirava ancora l’aria di una vera e propria scena e c’erano gruppi, spazi, concerti, collaborazioni. Due nomi su tutti che andavano forte in quegli anni erano i Banana Spliff e gli Ancona Massive.

Ma ad oggi, a parte qualche sparuto evento, di questa scena storica, non si rintraccia nulla di simile, tanto meno a Jesi, che è la nostra città, dove una scena rap non si è proprio mai vista e dove invece è stata sempre molto più forte la scena rock, in particolare noise, tanto che ancora oggi nei gusti degli jesini dominano le chitarre.

L’unica crew storicamente attiva a Jesi con live e qualche pubblicazione è Zero Fans e guarda caso è proprio lì che Tommaso è andato a pescare Matteo, che tra noi è probabilmente l'unico pienamente titolato a parlare di scena rap, dal momento che proviene proprio da quell'ambiente, mentre gli altri tre Esseforte sono più degli scappati di casa in cerca di nuove emozioni, approdati al rap attraverso un'evoluzione negli ascolti e nei gusti musicali.

Va detto, però, che ad esempio, per restare nell’ambito della cultura hip hop, qui da noi c’è un forte interesse per il writing e ci sono molti bravi writers; ma per quanto riguarda il rap attualmente una vera e propria scena matura e articolata non c’è, se non “la vecchia guardia”, e assistere a un live rap è davvero un evento raro.

Ci sono però un paio di nomi un po’ fuori dal coro e lontani dai cliché del genere che ci piacciono molto, come Leon Bueno e Campidilimoni, che non sono di Jesi ma della zona. Entrambi, a modo loro, ci mettono quel pizzico di strambezza che ce li fa adorare. Leon Bueno proviene da quella che fu la scena anconetana, mentre Campidilimoni è il classico outsider che può piacere più a un pubblico indie ed è legato sostanzialmente a quel circuito lì, non tanto all’universo hip hop.

Se invece parliamo di livello nazionale diciamo che non riusciamo proprio ad appassionarci alla scena trap, o drill, si dovrebbe forse dire adesso, almeno non a quella che va per la maggiore, mentre apprezziamo più l'approccio old school di gente come Fabri Fibra, Marracash, Salmo. In generale, però, i nostri ascolti sono più orientati a quello che viene dal mondo anglofono, che in ambito rap osa molto di più di quanto non si faccia nel nostro paese. E pensiamo a Kendrick Lamar, Run The Jewels, per fare i nomi più grossi, ma anche a gente molto più underground come Clipping, Danny Brown, Shabazz Palaces.

Forse attualmente l'unico rapper italiano accostabile a un tipo di approccio meno rispondente ai canoni, “diverso”, come piace a noi, è Pufuleti, oppure andando a ritroso nel recente passato, i dischi più “rap” degli Uochi Toki, ma probabilmente poi ci sono anche molte altre uscite italiane fighissime di cui non siamo al corrente... ce lo auguriamo.

 
 

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