Il report dell'intervista con presentazione del libro effettuata da Anna Irma Battino

Massimo Carlotto e Youthless "Fiori di Strada" - Sherbooks Festival 2023

14 Febbraio 2023

Il 28 gennaio, durante lo Sherbooks Festival, Anna Irma Battino di Radio Sherwood ha intervistato lo scrittore Massimo Carlotto, in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo Youthless. Fiori di strada

L’opera - scritta a dieci mani da cinque grandi penne della letteratura italiana: Alessandra Acciai, Massimo Torre, Patrizia Rinaldi, Massimo Carlotto, Pasquale Ruju – è un noir sulla speranza, sul dolore, ma anche sulla forza dell’amicizia. Ciò che tiene legata la trama e i suoi personaggi è la fuga. A tessere i fili di questa trama sono principalmente dei straordinari personaggi femminili. Claudia e Anna, due sorelle che si scontrano con il loro ‘padre padrone’, Domitilla, di buona famiglia e con un problema di dipendenza, Léa, ragazza francese attivista nei centri sociali, Rachida, giovane senegalese in conflitto con le sue origini e per finire Teresa, nata e cresciuta in una famiglia affiliata alla ‘ndrangheta sono tutte ragazze che scappano da storie difficili, braccate da una terribile aguzzina, Giustina Rebellin.

Dal mio punto di vista, al di là della trama, a catturare l’attenzione è il vero tema del libro: quello dei giovani e delle giovani che nascono e crescono senza gioventù, che attraversano una vita in trasparenza, traditi da un mondo adulto che non li sa vedere, che non li sa leggere. Oltre i motivi che spingono queste adolescenti alla fuga c’è un problema generale: quello dei giovani d’oggi che vivono il presente non solo ignorati dalla politica e dalle istituzioni, ma con un costante senso di ansia verso il futuro. Quella che troviamo adesso è forse la generazione più incerta che si ricordi nella storia del nostro paese, gli stessi giovani che hanno dovuto confrontarsi con il covid e con la ripresa post pandemia. Ho vissuto questo libro come un romanzo "on the road", un'Odissea moderna in cui a differenza del racconto classico in cui Ulisse attraverso mirabolanti gesta mira al raggiungimento di un lieto fine, mentre qui le ragazze attraversano l'Italia da nord a sud compiendo delle leggerezze e finendo per pagarne le conseguenze. Volevo perciò chiedere, che Italia raccontate?

Noi siamo un collettivo di autori che lavora per proporre storie soprattutto a livello televisivo e cinematografico. Ad un certo punto siamo però incappati in questa trama e ci siamo resi conto che raccontare il mondo di queste adolescenti in fuga significava raccontare una storia negata. In questa società non c’è spazio per tutta una serie di storie che non vengono nemmeno ascoltate. Lo strumento del noir si presta straordinariamente bene in questo senso, permettendo di ridare loro voce, usando soprattutto una letteratura di genere.

Per rispondere alla tua domanda, posso dire che ci siamo trovati di fronte all’Italia che vediamo tutti i giorni. Una società, cioè, profondamente in crisi, malata, incapace di dare risposte ai giovani, in viva connessione con il titolo del romanzo: Youthless, a segnalare l’incapacità di questa società di dare futuro ai giovani. Come sappiamo nel noir il crimine è una scusa per raccontare tutto ciò che sta attorno ad esso, ciò con cui è connesso. Raccontare l’Italia di oggi e le sue contraddizioni ci è stato perciò particolarmente caro durante il nostro lavoro. Abbiamo cercato di farlo attraverso due aspetti: il primo è il romanzo di formazione di queste ragazzine, il secondo aspetto, che fa da contraltare al primo, è l’incapacità dello stato, delle istituzioni, del mondo degli adulti di rapportarsi a loro.

Un altro sentimento che permea le pagine di questo libro è il senso della solitudine. Tutte le protagoniste per quanto scelgano di compiere questo viaggio insieme, stringendo rapporti di amicizia anche molto profondi, sono sostanzialmente ragazze sole. Come sono soli anche gli altri personaggi che costellano la trama di Youthless. Secondo te il senso di solitudine accomuna questa società?

La solitudine è un problema trasversale alla società. Noi abbiamo iniziato a raccogliere i dati e a lavorare sul romanzo prima della pandemia. Perciò abbiamo anche registrato quanto è successo ai giovani nel mentre, notando un aggravamento della situazione di vita personale dei giovani. Pandemia a parte, la solitudine è un problema che attraversa la società da tempo, a cui è difficile dare una risposta. La società in cui ci troviamo tende a produrre solitudine per mille motivi. Perché più stai solo meno sei pericoloso socialmente, non a caso tutti i momenti di aggregazione vengono mal tollerati da questa società. Si preferisce una società in cui l’individuo vive all’interno di una sorta di gabbia, rimanendo così buono e tranquillo, a produrre fino al momento della pensione. La solitudine è stata un importante argomento di riflessione per noi, da un lato dovevamo trasporla nella storia, evidenziarla e al contempo riuscire a trovare dei momenti di ‘rottura’ e determinare un percorso interno di crescita di queste ragazzine. Non è un caso se il personaggio che determina questa rottura è Léa, che viene dai centri sociali francesi, un’esperienza che le dà una visione politica di ciò che sta accadendo al gruppo di ragazze. La situazione difficile che le costringe alla fuga le obbliga a rapportarsi tra di loro, a confrontarsi, a trovare anche dei momenti forti di amore, di amicizia per risolvere questa situazione, diventando un gruppo.

Prima raccontavi come avete raccolto tutta una serie di dati per scrivere questo libro e come avete scovato queste storie. A questo proposito c’è una cosa che mi ha colpito molto: ossia che tutti i capitoli siano intermezzati da un racconto in prima persona di queste ragazze. In questa scrittura a dieci mani, com’è stato immedesimarsi nelle parole di una ragazza adolescente che racconta il suo punto di vista?

Noi abbiamo scelto sei casi veri che dopo anni non hanno avuto soluzione. Perciò per ridare storia, fisicità a queste ragazzine che sono scomparse non si sa dove, abbiamo dovuto svolgere un lungo lavoro di costruzione del personaggio, raccogliendo anche frammenti di notizie precedenti la loro fuga. Quando scrivi un romanzo e lavori sulla costruzione del personaggio è inevitabile entrare in sintonia con il personaggio: ce l’hai in casa, te lo porti a fianco della scrivania mentre scrivi. Nel nostro caso questo lavoro è stato collettivo, quindi alla fine avevamo sei personaggi con cui avevamo un rapporto molto intenso che giravano per le nostre case. Perciò abbiamo fatto questa scelta ben precisa per cui ognuna di loro, da sola, si raccontasse. All’interno di questi racconti in prima persona ci sono i frammenti di realtà a cui accennavo prima, che abbiamo raccolto all’interno delle loro storie pregresse.

L’opera presenta anche un intento di denuncia sociale nei confronti della corruzione che purtroppo raggiunge tutti gli ambiti. In questo caso nel libro il nemico è rappresentato dalle forze dell’ordine. Personalmente non credo alla narrazione delle mele marce, al singolo che sbaglia, penso sia proprio un sistema basato sul potere che non funziona. Lo dico anche perché oggi a Padova c’è stato un corteo per ricordare, per dare verità e giustizia, a Oussama Ben Rebha, ragazzo tunisino che ha trovato la morte qualche settimana fa annegando nelle acque del Brenta. Secondo diversi testimoni stava proprio fuggendo dalla polizia. Partendo da questo episodio narrato in Youthless, quello che descrivete è un dato meramente scenico di finzione oppure c’è del vero?

Il noir italiano, molto più che altri noir a livello europeo, sta raccontando i meccanismi di corruzione, di perversione, di violenza, all’interno delle forze dell’ordine. Bisogna tener conto che un noir parte sempre da un’inchiesta, un’indagine, perché il patto che il noir ha con il lettore è: caro lettore, io ti racconto una storia che è un romanzo, ma all’interno di esso ti fornisco tutta una serie di dati in modo che tu ti faccia un’idea. Non a caso scegliamo storie negate. I due poliziotti coinvolti sono due predatori sessuali. Se andiamo a vedere la storia della rotta balcanica notiamo che parecchi adolescenti scompaiono: il campanello d’allarme sono stati gli atti di violenza inenarrabile della polizia di frontiera nei confronti dei migranti. C’era giunta voce anche di casi di scomparsa di adolescenti. I primi ad avere la possibilità di far sparire la gente sono predatori in divisa. È una realtà che esiste, il problema è che non vi è una relativa narrazione organizzata. Il noir fa esattamente questo: organizza all’interno della narrazione una serie di temi oscurati.

C’è una cosa che mi ha sempre colpito leggendo i tuoi libri ed è il modo in cui racconti i luoghi e il background sociale dei personaggi, che è capace di entrare nella quotidianità, nelle biografie, nella geografia antropica e sociale a tal punto da renderci tutto quasi familiare (pensiamo ad esempio a tutti i libri della saga L’Alligatore e allo sfondo del Veneto urbano e “profondo” che sembra quasi uscire dal romanzo). È solo “talento” o si tratta di una precisa ricerca stilistica e - direi - umana e politica?

Come dicevo prima nel mio lavoro ogni romanzo è un progetto di narrazione che tiene conto del fatto di avere un’utilità. La forma del noir è molto semplice, ma al contempo estremamente precisa. Raccontare una storia criminale che si svolge in un tempo e in un luogo è una scusa per raccontare tutto ciò che accade intorno. Sono arrivato al noir dopo essere stato in Sudamerica. Lì ho visto che la mia generazione, uscita sconfitta da una serie di lunghissime battaglie politiche costate sangue e galera, ha usato questo tipo di letteratura per continuare a fare politica, raccontando il passaggio dalle dittature alle democrazie blindate. È stata un’operazione molto precisa e al contempo molto affascinante. Quando poi sono tornato in Italia ho scritto un romanzo sufficientemente autobiografico, Il fuggiasco, così mi sono reso conto che era possibile continuare ad occuparsi di politica attraverso la letteratura. C’è tutto: la dimensione umana, la dimensione artistica. Ho scelto una strada che mi ha portato non solo a scrivere romanzi ma anche ad occuparmi di altre forme di scrittura, dal teatro al cinema, fino ad arrivare al fumetto, ma tutte orientate verso lo stesso scopo. È un percorso che continuo a suggerire ai nuovi autori, perché significa dedicare il proprio tempo continuando ad avere uno sguardo lucido sulla società, scrivere romanzi che abbiamo un risvolto sociale. Entrando ho visto che nello spazio lettura c’era Perdas de fogu, un romanzo che racconta l’inquinamento determinato da un poligono militare in Sardegna. Si tratta di un’altra esperienza collettiva: la gente del luogo mi ha chiamato perché non si riusciva a far uscire questa storia dalla Sardegna. Il problema era capire quale fosse la vera causa di questo inquinamento. Alla fine ci siamo trovati in dieci: un romanzo scritto a venti mani, perché per 160 pagine di romanzo abbiamo scritto 1200 pagine di inchiesta, inchiesta che è diventata la base di un ragionamento più complesso che ha portato ad un processo contro i militari. Avevamo scoperto che affittavano a 50 mila euro l’ora i lotti del poligono a società civili che producevano esplosivi. Poi il processo è stato perduto. Ma è stata data voce alla storia.

Mi ricollego ad una cosa a cui hai accennato prima, ossia dei tuoi molteplici lavori, che spesso e volentieri sforano il genere noir. Molti dei tuoi libri hanno avuto una trasposizione cinematografica, teatrale e televisiva. Come intendi il rapporto tra opera letteraria e arte visuale?

Cinema e televisione - serie tv in particolare – saccheggiano in maniera sistematica la letteratura. Il romanzo non è ancora in libreria, ma è già stato letto dalle case di produzione, che hanno lanciato delle offerte, a cui hanno fatto seguito delle trattative. Per cui i diritti del libro sono già stati venduti. Questo è ormai di prassi. Io sono sempre stato un sostenitore del tradimento: se tu da un romanzo vuoi farne un film in un certo senso devi tradire il romanzo. I linguaggi sono così diversi e lontani che pensare di riprodurre quello che è stato scritto sarebbe sbagliato. Esco recentemente da un’esperienza teatrale: ho scritto la versione teatrale di un romanzo: La signora di martedì. L’autore stesso ha tradito il romanzo al fine di mantenere l’idea principale che lo ha portato alla scrittura. Il resto poi deve essere affidato alla sensibilità artistica di chi si impadronisce della tua storia. È proprio vero che quando cedi i diritti cedi anche il dominio rispetto a quanto hai prodotto.

Perciò sei soddisfatto della trasposizione cinematografica dell’Alligatore?

Sì, molto. Anche lì ho partecipato, sono stato il primo traditore di me stesso. Secondo me se hai una storia da raccontare e ti viene data un’opportunità di raccontarla in maniera diversa devi coglierla. Abbiamo voluto mantenere l’idea di personaggi trasgressivi: l’ex detenuto, il bandito, per poter raccontare il Veneto di oggi. Alla televisione italiana è passato un discorso su alcune relazioni tra il mondo della finanza, il mondo della politica, quello dell’editoria e la criminalità organizzata che non si era mai visto.

Negli ultimi anni il noir in Italia è molto cambiato, diventando molto meno di genere e quasi neorealistico come poetica. Secondo te questi cambiamenti sono dovuti al successo commerciale del noir che si è avuto grazie anche ad autori molto televisivi (per esempio Lucarelli) o segue un’evoluzione che abbraccia tutta la narrativa italiana legata al drammatico contesto storico che stiamo vivendo?

Guardando all’esperienza della letteratura di genere in tutta Italia, soprattutto al noir, vediamo che c’è stata una spaccatura verticale, politica, all’interno del mondo degli autori che ha portato alcuni, la maggioranza, a raccontare un certo tipo di Italia con una visione consolatoria e con un profondo senso istituzionale – ovvero con la vittoria del bene sul male, determinata dallo Stato – e una parte minoritaria che ha continuato a mettere in evidenza le contraddizioni, persistendo a raccontare le trasformazioni criminali e la relazione tra quello che è fondamentale. In Italia vige un sistema in cui la Mafia non ha più bisogno di ammazzare nessuno. Le Mafie sono diventati partner economici che funzionano. Qui in questo territorio una trentina di anni fa è nato un sistema legato al riciclaggio presente ancora oggi e che si è evoluto. Secondo noi, autori che non hanno accettato la visione vittoriosa nei confronti della criminalità, è proprio questo che bisogna raccontare: le contraddizioni e la società attraverso le trasformazioni criminali. Raccontando tutto quello che ci sta intorno dal lavoro nero, al caporalato, al commercio di rifiuti, tenendo conto di come l’individuo sta vivendo oggi all’interno della società. Oggi in Italia c’è questa spaccatura, che però interessa solo il mondo degli autori e dei lettori che scelgono chi leggere. È incredibile che il mondo dell’editoria non sia interessato a questo. Si pubblica qualsiasi cosa perché il meccanismo è stato assorbito, non è più visto come qualcosa di pericoloso.

Ti faccio una domanda un po’ personale, forse anche un po’ frivola. Tu hai scritto diversi libri, diverse sceneggiature. Qui siamo a Padova, una città che da diversi anni ospita un Festival musicale, lo Sherwood Festival. Tu hai mai scritto una canzone?

Ne ho scritte un paio sono in un disco di Ricky Gianco, e sono veramente un cane a scrivere canzoni! Sono pessimo e mi vengono fuori malissimo, ne ho scritte tante, ma quelle due mi sono venute fuori bene e penso che Ricky Gianco essendo mio caro amico, per pietà o per amicizia le abbia pubblicate.

Torniamo al romanzo in questione, Youthless. Fiori di strada. Il finale è aperto. Ci aspettiamo un seguito?

Nel noir il finale è sempre un po’ aperto, ci sono due regole fondamentali: la prima è non uccidere mai i personaggi seriali perché poi ti tocca farli resuscitare! La seconda è tenere sempre un po’ aperta la storia perché non si sa mai.

E in questo caso?

Ci abbiamo messo molto tempo a scrivere il romanzo e a raccogliere il materiale. Avevamo l’idea di scrivere il secondo e avevamo il materiale. La guerra in Ucraina ha completamente scompigliato le nostre idee perché oggi c’è una tale massa di persone in giro per l’Europa, soprattutto adolescenti che partono dall’Ucraina e non riescono ad arrivare. Insomma, c’è una situazione così complicata che oggi bisognerebbe riprendere ad indagare di nuovo. È difficile anche perché siamo in cinque e ognuno ha i propri impegni ed io al momento ho tre contratti per romanzi.

 
 

Segui la pagina Sherbooks

Facebook

Instagram

 
 
loading... loading...