Poesia e romanticismo per il ritorno di Vasco Brondi

Recensione del nuovo album Un segno di vita

6 Aprile 2024

Appena il primo brano di Un segno di vita comincia, per chi conosce le canzoni di Vasco Brondi (e de Le luci della centrale elettrica), è un tuffo nel passato e un ritorno a casa. Il sound, i testi e la loro costruzione, i temi sono quelli che Vasco Brondi porta sulla scena musicale indie ormai da anni. A chi si aspettava, invece, qualcosa di nuovo o di innovativo, probabilmente l'album sembrerà noioso e ripetitivo, le canzoni del cantautore sempre uguali a se stesse.

Dopo anni di grande fanatismo per Vasco Brondi, mi sono ritrovata dopo il primo entusiasmo cieco per questo nuovo album, ad ascoltare con occhio un po' più oggettivo in particolare i testi dell'autore ferrarese. Dal punto di vista musicale, appunto, i brani sono abbastanza simili ai precedenti album (forse ad esclusione di un paio di brani di Paesaggi dopo la battaglia), molto recitati e cantilenanti, con sempre meno spazio a stacchi musicali, soprattutto rispetto ai primi album usciti come Le luci della centrale elettrica. Gli strumenti spariscono proprio per lasciare campo aperto alla voce e alla poesia dei testi.

Per chi ama la poesia, i testi di questo album sono una gioia per le orecchie e per il cuore: ogni parola scelta con cura, con moltissime citazioni letterarie che fanno tremare per la loro bellezza. Il tutto non va a raccontare esattamente una storia, ma piuttosto a dipingere immagini molto romantiche ma spesso scollegate, tanto che diventa davvero difficile raccontare ciò di cui parlano le canzoni. Ciò che lasciano sono un profondo senso di struggimento e forse la voglia di guardare il mondo con occhi diversi per cogliere queste immagini che Brondi descrive, ma anche un senso di vaghezza e indefinitezza.

L’album si apre con Illumina tutto, in cui la voce del cantautore si fa subito potente in uno dei brani più pieni e struggenti, e anche forse più articolati, dal punto di vista della melodia.


La canzone che dà il titolo all’album, uscita qualche mese fa, è una canzone che vuole parlare di speranza in un mondo che vediamo man mano cadere a pezzi: dalla guerra, alla crisi climatica.

Bombardano, bombardano e tutti guardano
Non arrivano le provviste
Non arrivano le voci e le promesse
Solo luci di stelle fisse
Che parlano di pace e di apocalisse”

Una visione romanticizzata e forse anche un po’ naif di un momento storico complesso, in cui si fa fatica a vedere rappresentato il dolore e la sofferenza di cui sentiamo invece notizia tutti i giorni, da Gaza all’Ucraina e non solo. La canzone è però avvolgente e incalzante; termina con un cambio di piani, dal politico al personale, in cui sicuramente è più facile trovare uno spazio in cui riconoscersi.

Meccanismi parla di guarigione; il cuore viene inserito in una bellissima metafora, come se fosse un grande orologio di cui basta azionare determinati meccanismi per farlo funzionare. La guarigione, il trovare dentro di sé la forza e le risorse per affrontare la vita e le sue sofferenze è un tema classico di Vasco Brondi, basti pensare al brano forse più famoso dell’album Terra, Chakra. Come tante delle canzoni di Un segno di vita (Fuoco dentro, Illumina tutto, Incendio,), questa è anche una canzone d’amore, o comunque in cui l’amore è centrale. Protagoniste sono ragazze che errano per il mondo e per la città cercando un proprio posto, ma soprattutto un proprio ruolo e una propria narrazione della vita.

“Sei ancora in attesa di qualcosa, di qualcosa

Mi chiami dopo un mese, dicono che accanto a te

È il posto migliore per vedere se il mondo sta davvero per finire

chorus

E sei sopravvissuta perché

Il fuoco dentro te bruciava di più

Del fuoco attorno a te”

Fuoco dentro, cantata a due voci con la cantautrice Nada, è un’altra di queste canzoni. La canzone si rivolge proprio con la seconda persona singolare alla ragazza protagonista, mentre ad esempio Illumina tutto, primo brano dell’album, parla di Sara, una ragazza che “corre tra le cose che non sa decifrare, indecisa se aprire o chiudere il cuore”. La domanda che sorge spontanea nell’ascoltare questi brani, che a me personalmente piacciono moltissimo perché mi riconosco nelle turbe da sad hot girl di cui raccontano, è se una qualunque persona che non è una ragazza ventenne appassionata di poesia, yoga, cose mistiche e spiritualità può capire qualcosa o comunque apprezzare questi testi così vaghi e allo stesso tempo specifici. Probabilmente no, il che non credo sia necessariamente negativo, ma lascia perplessi il fatto che in vent’anni di carriera musicale Vasco Brondi sia rimasto immobile sui temi e il target della sua musica.

Seguono Incendio (con un ritornello intenso che non ti lascia più dopo averlo ascoltato), Fuori città, Vista mare e Notti luminose.

Infine, in chiusura, Và dove ti esplode il cuore e La stagione buona. La prima forse la canzone più bella dell’album, dal mood molto autobiografico in quanto parla di provincia, delle le difficoltà del viverci in gioventù, e di musica. Potrebbe essere quasi una meta-canzone, che parla un po’ del percorso di scoperta della musica, un po’ dell’importanza del fare musica, e che dipinge la musica proprio come uno di quei luoghi/situazioni in cui esplode il cuore. Un brano che ho trovato davvero pregno di significato, molto vero e sincero.

L’album si conclude con La stagione buona, una canzone dalle note piene di tristezza, complici anche i fiati che si possono apprezzare sullo sfondo. Il testo, che in apertura parla del fenomeno migratorio, parla poi di sogni e di desideri.

Una degna chiusura, a mio avviso, per un album che riconferma le doti poetiche di Vasco Brondi, e che sicuramente si fa apprezzare proprio per quel senso di familiarità che è impossibile non provare, ma che allo stesso tempo lascia con la voglia di sentire qualcosa di nuovo, diverso, forse più audace da parte del cantautore.

 
 
loading... loading...