Together or Alone

Gatti persiani ed Heavy metal contro la repressione iraniana

1 Novembre 2011
 - La Billo

L’immagine dell’Iran che giunge in Occidente è vittima di pregiudizi e stereotipi, è piuttosto distorta e corrisponde in minima parte a quella che è la realtà. Quando pensiamo all’Iran, pensiamo a parole come fondamentalismo islamico, ma è doveroso osservarlo da una diversa prospettiva, soprattutto alla luce dei grossi cambiamenti socioculturali che interessano l’Iran contemporaneo e l’esplosione di quella che possiamo definire “rivoluzione sessuale”, non una rivoluzione nel senso comune e stretto del termine, ma piuttosto un atto sociale e culturale.

Brevi cenni storici sull’Iran
Prima di ogni cosa, dobbiamo essere consapevoli del fatto che l’Iran ha avuto un destino molto altalenante, per quanto riguarda la dicotomia occidente/persiano, e seppure oggi pensiamo all’Iran come paese del chador, dobbiamo essere consapevoli che non è sempre stato così. Il punto cruciale del continuum storico iraniano è la Rivoluzione Bianca del 1963, con uno sguardo ai processi di emancipazione e modernizzazione che iniziarono negli anni Venti, per poi subire un’inversione di marcia a ridosso della Rivoluzione del ’79 promossa da Khomeini. Lo scopo dell’ayatollah era quello di introdurre la Legge Islamica, per arrivare ad esercitare un controllo sociale sulla popolazione iraniana che fosse effettivamente gestito e regolato da leggi conformi a quanto comandato dalla sharìa, la Legge di Dio, trasformando l’Iran in una teocrazia.

La repressione innesca la ribellione culturale: verso il cambiamento della società
Da un lato le tensioni innescate nella popolazione, e in particolar modo nei giovani, sempre più insofferenti ai dettami imposti dalle autorità governative e religiose e desiderosi di affermare la propria individualità, portano ad un reale cambiamento nella società. Questa individualità cerca prepotentemente un veicolo di espressione, attraverso manifestazioni artistiche come la musica o la letteratura, oppure tramite una cura quasi esasperata della propria persona. L’oppressione e la repressione hanno così contribuito alla nascita e crescita di un movimento sociale che ha, senza dubbio, collaborato alla presa di coscienza dei giovani iraniani riguardo questioni di carattere politico e che auspica ad un futuro migliore. Da un lato è in corso una rivoluzione nel campo del costume sessuale e della vita sociale, mentre dall’altro lato vi è una rivoluzione di stampo più culturale e comunicativo. La legge islamica tende ad esercitare un controllo sociale su ogni aspetto della vita degli iraniani, per questo motivo la rivoluzione ha acquisito una pregnanza non più solo sessuale, ma anche sociale, culturale, artistica. Prerogativa dei giovani iraniani non è solo quella di conquistare la libertà dei propri corpi, ma anche quella della propria mente; diventa importante così la libertà di accedere alla musica, ai film ed alle informazioni diverse da quelle concesse dal regime.

Come veicolare la protesta
Da questo punto di vista i moderni mezzi di comunicazione, e Internet in particolare, giocano un ruolo fondamentale nella diffusione della rivoluzione sociale e sessuale. Internet è anche vista ed utilizzata come una finestra sul resto del mondo e un modo per partecipare alla cultura giovanile globale. Mark LeVine sottolinea l’importanza di Internet anche per la possibilità di scaricare, scambiare, e ascoltare musica e film che in Iran sono illegali perché considerati immorali o “non islamicamente accettabili”. I ripetuti sforzi per soffocare i media “tradizionali” in Iran hanno quindi trasformato Twitter, Facebook ed altri social network come YouTube e Flickr nelle principali fonti di fuga di informazioni libere e non filtrate dai confini del paese.

I giovani musulmani, la cultura musicale occidentale e le sottoculture
L’immagine del mondo musulmano contemporaneo che perviene agli occidentali è estremamente mediata dai veicoli di comunicazione di massa, come ad esempio la televisione. In realtà, la cultura musulmana e quella occidentale sono più complesse, eterogenee e simili di quanto “i sostenitori dello scontro dei civiltà, della guerra e della jihad infinita vogliono farci credere”. I governi islamici hanno interesse nell’evitare che la cultura occidentale intacchi quella mediorientale, e ancora di più sono sospettosi riguardo eventuali ibridi che verrebbero a crearsi con il contatto delle due culture: forme musicali influenzate da caratteristiche di tipo occidentale o di culture alternative in generale causerebbero caos e minerebbero alla base il loro potere politico. In questo processo, la globalizzazione riveste un doppio ruolo perché, se da una parte ha contribuito all’emarginazione politica ed economica dei paesi mediorientali, dall’altro ha comunque permesso, facilitato ed incoraggiato il flusso di comunicazioni e di informazioni non solo in tutta la regione, ma anche e soprattutto tra il mondo occidentale e quello mediorientale. Nei paesi mediorientali, la musica è “esteticamente radicata”, essa riflette ed addirittura amplifica le dinamiche sociali, politiche ed economiche della società. LeVine in “Rock the Casbah!”, etnografia che riguarda i giovani musulmani nei paesi del MENA e il loro rapporto con le sottoculture occidentali, sottolinea che in Iran proprio i “metallari” sono stati tra le prime comunità mediorientali a connettersi ai network culturali globalizzati. E’ necessario capire perché tra le molte sottoculture che sono presenti tra i giovani, l’heavy metal abbia acquistato una particolare importanza per i giovani mediorientali.

New Wave of British Heavy Metal e sincretismo Persiano
I primi gruppi che all’inizio degli anni Settanta contribuirono alla crescita del genere, come i Black Sabbath, si rivolgevano alla gioventù americana ed europea che non si riconosceva nello stereotipo di massa in cui venivano racchiusi i propri coetanei. Nel 1975 la New Wave of British Heavy Metal, guidata da gruppi come Judas Priest, Motörhead e Iron Maiden “rifletteva il doloroso processo di deindustrializzazione e adattamento delle comunità operaie in Gran Bretagna e Stati Uniti della seconda metà degli anni Settanta.”. La prima ondata di gruppi e la musica che suonavano, ricalcava lo stato d’animo dei propri fan per i quali la deindustrializzazione ed altri problemi economici si traducevano in uso di alcol e droghe, e in perdita del senso della comunità e della speranza per un futuro migliore. L’heavy metal è caratterizzato da un suono molto violento, da una velocità sostenuta e da tematiche belliche che dominano i testi. Le allusioni alla guerra sono sarcastiche, e la maggior parte della violenza che fa parte dell’heavy metal è da leggersi come una critica rabbiosa nei confronti della società e di un desiderio di andare via da una collettività dalla quale ci si sente esclusi. Non a caso l’heavy metal entrò nella scena iraniana verso la fine degli otto anni di guerra devastante con l’Iraq. “Ora il metal riflette lo stato d’animo di una generazione confusa dall’uso di droga, della prostituzione, della crescente diffusione dell’AIDS e da un rigetto quasi totale dei valori della Rivoluzione”. I ragazzi non cercano di copiare i suoni occidentali tout court, ma creano dei particolari sincretismi tra la musica tradizionale persiana, ed il metal, dando così vita a dei nuovi sottogeneri. Questo significa che la grande paura della repubblica islamica è infondata e che i ragazzi iraniani non sono passivi davanti all’irrompere dell’occidente: possiamo parlare di quella che molti antropologi definiscono creatività, ovvero l’emergere di forme inedite derivate dall’incontro di due realtà. Come ci insegna l’antropologo Raymond Firth, le culture non sono dei sistemi chiusi e isolati, ma hanno delle brecce, delle crepe, che permettono il contatto ed il dialogo tra culture, dando vita a fenomeni nuovissimi. Creolizzazione, métissage, ibridazione: sono tutti termini che indicano realtà formate da contributi diversi, trasformazioni derivanti dai contatti e dagli scambi, non come fenomeni di corruzione delle individualità culturali ma come dimensione di fondo di ogni realtà culturale e umana.

Polizia morale e accettabilità islamica
A causa delle tremende condizioni che i giovani sono costretti ad affrontare, e l’oppressione che il regime esercita su di essi, i giovani stanno convertendo i propri spazi in comunità musicali nelle quali avere un minimo di autonomia ed immaginare alternative allo status quo. In Iran i parametri di quello che è considerato “islamicamente accettabile” per quanto concerne la musica, il comportamento e l’abbigliamento sono molto stretti: quasi tutti i generi musicali ad eccezione di quello tradizionale o pop iraniani sono considerati illegali. La polizia morale ha reso molto difficile ascoltare heavy metal a Teheran, così i giovani sono costretti a rintanarsi nelle cantine, nei garage sotterranei o nei depositi dei palazzi pur di ascoltare musica. I concerti sono occasionalmente permessi, a patto che siano concordati e approvati da una commissione che ne detiene il totale controllo. Se durante la presidenza di Khatami l’Iran aveva raggiunto un buon grado di libertà musicale, con l’elezione di Ahmadinejad nel 2005, quasi tutta la musica occidentale fu messa al bando. Ora per poter realizzare un cd bisogna prima avere il permesso del Governo, portando la propria musica presso l’Ershad, dove una commissione decide se il prodotto è “islamicamente accettabile” o meno, e nel caso apporta delle modifiche. Se la commissione di censura decide che il ritmo è troppo veloce, che i testi non sono adatti, che la melodia è troppo occidentale o troppo poco iraniana, il gruppo dovrà rimaneggiare tutta la canzone per guadagnare l’approvazione del censore, ma “la maggior parte dei giovani non si prende neanche il disturbo di cercare l’approvazione governativa”. Alcuni giovani videro nel metal, non solo una semplice evasione dal punto di vista musicale, ma persino un sistema di valori alternativo a quello che offriva il governo.Come è stato menzionato prima, ascoltare musica non accettata dal governo mette a repentaglio l’incolumità dei giovani, perché “in Iran l’idea di un’unica identità iraniana è così forte che qualsiasi cosa che assomigli a una cultura straniera viene condannata”. I giovani che si ribellano a queste restrizioni rischiano così di essere accusati ed incriminati con la scusa di essere satanisti. Mark LeVine affronta ampiamente questa problematica: all’inizio degli anni Novanta vi furono molte questioni legate al satanismo, e molti musicisti e fan furono arrestati e processati come adoratori di Satana. Queste accuse erano ovviamente infondate, anche se da un lato comprensibili, vista la cattiva reputazione di cui godono i metallari in occidente, in cui il clichè prevede che i ragazzi passino le loro giornate a base di sesso, droga & rock’n’roll. Questo avrebbe ovviamente minato alla base quell’ordine sociale che per la religione islamica rappresenta uno dei capisaldi dell’agenda Islamica. I ragazzi di Teheran hanno così trovato  dei metodi alternativi per entrare in contatto con la musica: uno di questi è Internet. Attraverso Internet i ragazzi hanno la possibilità non solo di scaricare musica, ma anche di caricare sul web la propria arte. Social network come MySpace, che prevedono l’ascolto di musica in streaming, o siti di condivisione video, come YouTube, rendono ancora più facile questo processo.

La musica è jihad!
Per questi ragazzi “la musica è jihad”, nel senso migliore del termine: una battaglia per sfuggire alla repressione del regime, una dichiarazione di libertà in un posto che offre poche speranze per il futuro. La musica non è una mera occasione di svago ed evasione, ma è il prendersi uno spazio di enunciazione. Come De Certeau insegna ne “L’invenzione del quotidiano” , perfino l’atto del camminare è un atto creativo, che consiste in un processo di appropriazione di uno spazio e farlodiventare uno spazio di enunciazione. Analogamente, anche produrre musica, in questi termini è assolutamente creativo. Ma non solo, è soprattutto espressione di volontà di cambiamento sociale.

Sixxette

 
 

    video

  • Black Sabbath War Pigs video
  • I Gatti Persiani videoclip
  • Arthimoth videoclip
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