Lo spazio u-topico nel bosco

Quattro libri con un luogo in comune

19 Settembre 2023

Nell’ascolto musicale sono un tipo piuttosto settario, con la mia formattata formazione è difficile non esserlo. Nella lettura invece no. Sono un lettore onnivoro, ma nonostante questo a volte alcune preferenze vagamente si definiscono.
Ripassando in rassegna i libri letti quest’estate ho ritrovato un luogo "in"  comune. È quel "in" a fare la differenza perché non è inteso come stereotipo, non è inteso come il posto migliore in cui stabilizzare le convinzioni, ma al contrario come spazio destabilizzante dei tempi in cui ci è dato vivere. Insomma ho notato che ho letto libri che in qualche modo hanno usato il bosco come scenario principale della narrazione.
Ho la fortuna di abitare vicino all’ultimo testimone delle antiche foreste planiziali del Veneto orientale, diventato nei secoli un fazzoletto di terra, un piccolo bosco. Piccolo e prezioso segno della pianura padana prima dell’antropizzazione selvaggia, resistenza dell'antico nel moderno: il bosco di Olmè.

Luogo dei luoghi, spazio senza luogo, spazio u-topico, spazio simbolico.
Il sopra che protegge il sotto, il sotto che alimenta il sopra.
Il bosco che da sempre ha attraversato l’immaginario col suo cuore di tenebra e con la sua linfa vitale, luogo di passaggio tra un al di qua e un al di là. L’addentrarsi allontana dalla retta via, avvicina l’estraneo e il misterioso. Spazio esterno, spazio interno.
Spazio selvaggio disseminato di possibili incanti e possibili pericoli. Spazio di possibilità, traccia di senso attraversabile. Più il bosco che la foresta. Perché nella foresta ti ci perdi di sicuro, nel bosco trovi sentieri per attraversarlo e nei quali puoi perdere tempo a perderti, senza perderti davvero.
Un posto dove perder tempo, quindi dove guadagnarlo. Un destabilizzatore dei tempi della fretta. Ecco il rinfrescante “luogo in comune” che ho ritrovato, nella torrida estate che sta per volgere al termine, grazie a questi libri:

Matteo Melchiorre: Il duca (Einaudi)


L’ultimo dei Cimamonte è un giovane uomo solitario che in paese chiamano scherzosamente «il Duca». Sospeso tra l’incredibile potere del luogo, il carico dei lavori manuali e le vecchie carte di famiglia si ritrova via via in una quiete paradossale, dorata, fuori dal tempo. Finché un giorno bussa alla sua porta Nelso, appena sceso dalla montagna. È lui a portargli la notizia: nei boschi della Val Fonda gli stanno rubando seicento quintali di legname. Inaspettatamente, il sangue dei Cimamonte prende a ribollire…

Il bosco come luogo da non possedere.

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Matteo Righetto: La stanza delle mele (Feltrinelli)


La grandine intanto picchiava il bosco come se volesse abbatterlo. Giacomo non si arrese. Si coprì la testa con le mani e proseguì verso il baluginare del metallo finché riconobbe il manico in legno di tasso. Sorrise. Poi con la coda dell’occhio notò uno strano movimento. Un fremito gli vibrò sottopelle. Gli occhi si mossero verso sinistra, attratti da una grande ombra. Rimase immobile sotto il bombardamento dei grani di ghiaccio che percuotevano gli alberi mentre il vento li piegava sempre più. Guardò meglio ma non capì che cosa fosse quella presenza enorme che oscillava a mezza altezza da una parte e dall’altra. Un bagliore rischiarò il bosco. Un attimo accecante. Era un uomo impiccato.

Il bosco come luogo del mistero.

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Maddalena Vaglio Tanet: Tornare dal bosco (Marsilio)

Il bosco è il bosco, la montagna è la montagna, il paese è il paese e la maestra Silvia è la maestra Silvia, ma è scomparsa. In una piccola comunità agitata dal vento della Storia che investe tutta l’Italia all’inizio degli anni Settanta, Silvia, la maestra, esce di casa una mattina e invece di andare a scuola entra nel bosco.

Il bosco come luogo in cui sparire e da cui tornare. Cambiati.

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Emiliano Cribari: La cura della pioggia. Piccolo omaggio alla malinconia che allieta (Ediciclo)


Emiliano Cribari, poeta e camminatore, ci conduce nel bosco in un giorno piovoso. Solo così capiremo che arrenderci alla pioggia ci rende più presenti, liquidi e sensibili. La pioggia attutisce i rumori, ci invita ad abbassare la voce, ad annullare il nostro io, ad ascoltare, finalmente ad ascoltare.

Il bosco come luogo da ascoltare

 
 

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