Etenesh, pietra miliare della produzione di Paolo Castaldi

il Report di Sherbooks Festival 2024

22 Febbraio 2024
 - Elena Bax

Sabato 27 gennaio al CSO Pedro, Paolo Castaldi ha presentato il suo lavoro più famoso Etenesh (2011), di recente pubblicato nella sua terza edizione da Becco Giallo. Sul palco con l’autore conduce da Giacomo Taddeo Traini. 

Etenesh sbarca sulle coste di Lampedusa quasi due anni dopo essere partita da Addis Abeba, in Etiopia. Porta addosso il ricordo di un viaggio infernale, intrapreso nella speranza di un futuro migliore.

“Ci dicevano di salire, noi salivamo, ci dicevano di scendere, noi scendevamo. Sapevamo soltanto di avere paura.” Etenesh

Ha percorso il Sudan, il deserto del Sahara, è finita nelle mani di trafficanti di uomini e in un carcere in Libia, ha attraversato il mar Mediterraneo in gommone pensando, a ogni metro, che tutto sarebbe stato vano.

Il libro è del 2011, ed è interessante notare come sia cambiato il mondo del giornalismo d'inchiesta negli ultimi 15 anni. Etenesh è una pietra miliare della produzione di Paolo Castaldi che si inserisce nella produzione di fumetto di realtà, biografie e reportage a fumetti. Di sicuro Paolo è uno dei pilastri del giornalismo a fumetti made in Italy. Nel 2011 quando uscì Etenesh il graphic journalism in Italia non aveva una portata paragonabile a quella di oggi. Il fumetto come mezzo di informazione è ormai stato sdoganato grazie anche a lavori molto mainstream come Kobane Calling di Zerocalcare. Ma 15 anni fa il fumetto era, nella maggior parte dei casi, inteso come mezzo  per dar vita a storie stile Marvel o Dylan Dog. A livello di sbocco professionale generalmente finita la scuola di grafico (o da autodidatta) si preparava il portfolio e poi si inviava alla Marvel, Dc, Bonelli. Non esisteva l’idea di uno sbocco professionale come fumettista di realtà. Lo stesso autore si imbattè per caso in un libro su Ilaria Alpi edito da Becco Giallo (di Francesco Ripoli e Marco Rizzo) scoprendo un mondo totalmente diverso e trovando la sua strada. Oggi decisamente c’è molta più attenzione per il graphic journalism. Per dare una misura di quanto i tempi siano cambiati si pensi che da ormai 2 anni viene portata in Italia una rivista chiamata la La Revue Dessinée Italia che prende spunto da un format francese e pubblica ogni mese storie di inchieste giornalistiche realizzate da fumettisti e sta avendo un grandissimo successo. Oppure si pensi  alle pagine dedicate al giornalismo a fumetti presenti in riviste famosissime come Internazionale ed Espresso.

Fatta questo breve excursus sul contesto editoriale dell’anno in cui venne pubblicato Etenesh è giusto farne uno anche per così dire “storico”. Nel 2011 infatti la questione migrazione non occupava le prime pagine dei quotidiani, ancora non era utilizzata nelle campagne elettorali per muovere voti ed era in generale una problematica meno sentita. Iniziava ad accendersi un interesse in merito con le poche notizie che si avevano sul tema portandosi appresso tutta l’ingenuità di un tema poco conosciuto. E questa lacuna viene intercettata da Paolo che dopo aver guardato il documentario Come un uomo sulla terra (reportage sul viaggio di un Dagmawi Yimer dall’Etiopia all’Italia) rimane colpito da una delle ragazza che racconta brevemente la sua storia. Decide allora di voler narrare la storia di quella ragazza a fumetti. La ragazza si chiama Etenesh e quando iniziò il suo viaggio era appena una ventenne.

Una volta riuscito ad organizzare l’intervista con la ragazza del reportage, in cui Dagmawi Yimer fa da interprete, che dura circa tre ore interrotta un paio di volte perché non se la sentiva di andare avanti. E’ Dagmawi a convincerla a raccontare anche i passaggi più difficili per far conoscere a tutti cosa affrontavano i subsahariani per arrivare in Italia e creare consapevolezza sul tema della migrazione. Alla fine di quella intervista la ragazza, Etenesh, chiese di non partecipare a nessuna presentazione del fumetto e di non essere citata con il suo vero cognome perchè avrebbe potuto creare ritorsioni alla sua famiglia nel paese d’origine (cosa successa a Dagmawi dopo l’uscita del documentario). Forse proprio per la forza del racconto di Etenesh, piena di dolore e violenze, Paolo si è interrogato su quanto fosse giusto rendere oggetto di commercio la sua storia. Grazie agli editori di Becco Gialloe a Dagmawi ha deciso di pubblicarlo per informare il pubblico sulla condizione dei migranti, proprio perché nel 2011 ancora esistevano domande del tipo “ma perchè non prendono un aereo?”. Dopo la pubblicazione del fumetto, Etenesh lo ha letto con tanto dolore e nonostante le sia piaciuto non ne ha più voluto saperne niente. 

Sei mesi dopo l’uscita di Etenesh è iniziato il periodo delle primavere arabe portando con forza il tema delle migrazioni nel dibattito pubblico e rendendo quel reportage ancora più prezioso per informarsi. 

Il fumetto è arrivato alla sua terza edizione, tradotto in Francia dove ha vinto il premio di Amnesty International come miglior opera letteraria a carattere umanitario. Un libro definito “poetico e delicato”. Termini che hanno definito la cifra stilistica a tutti i lavori successivi di Paolo. Dal calcio, passando per il pugilato per arrivare all’agricoltura l’autore ha trattato tutti i temi con delicatezza e poesia. Per un periodo della sua produzione si è sentito relegato a quelle definizione e di essere sempre uguale a se stesso facendo vivere al pubblico ogni volta la medesima esperienza. Successivamente invece ha capito che non poteva essere diverso e facendo libri seguendo se stesso creava qualcosa di memorabile che arrivava davvero al pubblico.

Ed è per questo che ancora oggi Etenesh può raccontare molto, proprio per il linguaggio del fumetto. Di sicuro se qualcuno vuole informarsi sulle rotte dei migranti nel 2024 non è il libro su cui informarsi. Invece se si vuole sentire e capire davvero il viaggio di una migrante, senza un punto di vista occidentale e con la mancanza di fronzoli, è il libro da aprire e immergersi dentro.  

 “La storia di Etenesh, in queste pagine, si fa affresco dell’infamia del nostro mondo che sacrifica all’egoismo dei nostri privilegi le vite di nostri simili che hanno l’unica colpa di essere nati dove sono nati.” dalla prefazione di Moni Ovadia

 
 
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