Dischi Del Momento - Febbraio 2024

I migliori dischi selezionati per voi dalla Webzine di Radio Sherwood

7 Marzo 2024

Nuova puntata del format Dischi del Momento: l'appuntamento mensile curato dalla webzine di Radio Sherwood sulle uscite discografiche più interessanti del mese appena passato. 

Nella puntata di giovedì 7 marzo, ci sono venuti a trovare in studio gli Halley DNA per parlarci del loro nuovo album, Serpenti In Testa, uscito per Dischi Sotterranei il 16 febbraio.

Trovate il podcast della trasmissione nel player e su Spotify.

Buon ascolto e buona lettura!

IDLES - Tangk (Partisan Records, Heavy Post-Punk, 16 febbraio)

Tangk è il frutto di un percorso spirituale, dopo quattro album che parlavano in maniera sarcastica della società, il tutto associato a vari traumi e a prese di consapevolezza dei propri difetti.

Questo album è un voler fare pace con i propri demoni, un manifesto d’amore verso sé stessi e gli altri per dimostrare che si può raggiungere la felicità tramite la gratitudine per la vita. C’è un bellissimo concetto racchiuso in POP POP POP che è quello di Freudenfreude, ossia l’essere orgoglioso e felice per i traguardi degli altri, a discapito di una competizione malsana che la società vorrebbe farci provare.

Con questo album la band vuole chiarire ai propri ascoltatori che gli Idles non sono solo una band punk che urla dei messaggi ad un microfono, ma che può essere davvero quello che vuole, capace di partorire brani melodici e commoventi, mantenendo comunque una forte identità. Tangk lo si può davvero definire il passaggio dalla rabbia e perdizione, caratterizzate dalle vicende dei membri della band tra tossicodipendenza e mal gestione delle emozioni, ad un approccio completamente diverso alla vita, dove l’arte è la chiave di tutto per raggiungere l’amore e la gentilezza. 

Friko - Where We’ve Been, Where We Go from Here (Ato Records, 16 febbraio, indie rock)

Un duo (poi divenuto trio) composto da Niko Kapetan (voce e chitarra) e Bailey Minzenberger (batteria) comparso dal nulla ma che è destinato a squarciare uno strano febbraio musicale composto da monumenti e meteore.

Tra ballate intrise di sensibilità e pezzi dal fuzz garage (ma anche grunge) ‘carezzevole’, il disco è già un culto indie!

Laura Jane Grace - Hole In My Head (Big Scary Monsters, 16 febbraio, folk punk)

Secondo album solista per Laura Jane Grace, voce e chitarra degli Against Me!, nonché una delle figure più interessanti nel panorama punk underground contemporaneo. A dieci anni esatti da Transgender Dysphoria Blues, il disco con cui Grace affrontava e esprimeva in musica la propria transizione di genere, e dopo una pandemia che ha fortemente influenzato le scelte musicali e il primo disco solista, Stay Alive, la cantante americana torna con Hole In My Head. 

Il nuovo disco sembra coniugare la vena cantautorale e l’approccio semplice e spoglio di Stay Alive, che troviamo in canzoni come Mercenary Dysphoria Hoodie, a composizioni più vicine a quanto fatto in passato con la propria band, come la title track e Birds Talk Too. Troviamo però anche elementi di novità, come il taglio rock anni ‘50/’60 di I’m Not A Cop, di cui possiamo apprezzare il coro canzonatorio: “Pig, pig, pig, piggy, piggy, piggy”.

Ascoltare gli undici brani che compongono questa nuova uscita è come entrare nella testa di Laura Jane Grace, e proprio a questo si riferiscono il titolo e la copertina del disco, in cui l’artista, ritratta in bianco e nero, sembra aprire a mani nude il proprio cranio, per farne fuoriuscire un esplosione di colori e immagini. 

Baratro - The Sweet Smell Of Unrest (Improved Sequence, 2 febbraio, noise/sludge metal)

Album di debutto per i Baratro,band noise/sludge di Milano composta da Steve Curran (già negli Unsane) Federico Bonuccelli (Council of Rats) e Luca Antonozzi (Marnero). Il LP uscito il 2 febbraio segue di tre anni l’EP Terms and Conditions (Sangue Dischi) e ne riconferma il sound.

Gli undici brani di The Sweet Smell Of Unrest colpiscono infatti per la marcata vena noise, un maelstrom caotico nel quale la voce di Curran arriva a perdersi, amalgamarsi e confondersi con il muro di suono prodotto dalle linee di basso e dalle distorsioni di chitarra. Il singolo che ha anticipato l'uscita del disco, Fight The Parking Meter è un’ottima sintesi sia della componente sludge/noise che di quella più prossima al hardcore punk.

Ponte Del Diavolo - Fire Blades From The Tomb (Season of Mist, 16 febbraio, doom/post-punk)

Primo album per i torinesi Ponte Del Diavolo, Fire Blades From The Tomb ci regala un mix di doom metal e post-punk/darkwave, arricchito da alcune sfuriate vicine al black metal. Dopo tre anni di attività e una trilogia di EP (Mystery Of Mystery,Sancta Menstruis e Ave Scintilla!) la band arriva quindi al primo full-lenght.

Il disco esce per l'etichetta indipendente francese Season of Mist, che tanto buon metal estremo ci ha regalato nel corso degli anni, e i Ponte Del Diavolo si inseriscono perfettamente nel roster della compagnia: la voce della cantante, che si fa chiamare Erba Del Diavolo, si interseca con i suoni oscuri dettati dai ben due bassi, che contraddistinguono la band al pari dell’'immaginario esoterico e occulto. Il brano Demone è un esempio perfetto di questo gusto per l'esoterismo, oltre ad essere la traccia che più delle altre si mescola black metal, punk e doom. È però il secondo singolo estratto, Covenant, il vero e proprio gioiello del disco.

I Ponte Del Diavolo vanno quindi ad aggiungersi ad un panorama italiano, che per semplicità potremmo chiamare occult rock, sempre più ricco e promettente, che negli ultimi tempi ha visto fiorire molti nomi, dai Bottomless, ai Tenebra. 

Halley DNA - Serpenti In Testa (Dischi Sotterranei, post-hardcore, 16 febbraio)

Terzo disco per gli Halley DNA, ancora una volta per l'etichetta padovana Dischi Sotterranei e ancora una volta con la formula ormai collaudata: tre chitarre, batteria, suoni grezzi, diretti, registrati in presa diretta. L'elemento di novità sta però nel fatto che questo Serpenti In Testa sia il loro primo disco interamente in italiano.

Gli Halley DNA nascono da una serie di band che componevano la Padova underground degli anni ‘90 (Red Worms Farm, René Baska, Gruppo Trasversale) e che registravano per l'etichetta Halley Records, a cui la band dà oggi tributo con il proprio nome.

Il sound del disco si avvicina molto al punk e post punk italiano anni ‘80, con melodie e linee vocali martellanti e un sound acido e abrasivo.

Ihsahn - Ihsahn (Mnemosyne Productions, black metal, 16 febbraio)

Ottavo album solista per Vegard Sverre Tveitan, alias Ihsahn, chitarra e voce degli Emperor, una delle più influenti band del black metal norvegese, nonché una di quelle che ha contribuito a definire il genere stesso. 

Intitolato, molto sinteticamente, Ihsahn, il disco si presenta ambizioso e sperimentale, soprattutto per la presenza di arrangiamenti sinfonici che a tratti ricordano quasi colonne sonore cinematografiche; tuttavia questo lavoro rimane strettamente legato alle radici black metal di Tveitan.

Da un lato ci sono infatti le orchestrazioni, l’avantgarde, dall’altro il metal estremo. Tant'è che insieme al disco ne è stata pubblicata una seconda versione spogliata del metal e completamente orchestrale. 

Pilgrimage To Oblivion è il primo singolo estratto e riassume pienamente quanto detto. In questo brano Ihsahn alterna lo screaming alla voce pulita, in passaggi che ci portano dal black metal a lidi più progressive, per poi tornare al metal estremo.

Talk Show - Effigy (Missing Piece Records, Post-Punk/Techno, 16 febbraio)

Acclamati come uno dei migliori nuovi gruppi della scena Post-Punk inglese, il giovanissimo quartetto formatosi alla Goldsmiths, University of London, si evolve nettamente dai primi singoli, proponendo un potente mix di Industrial e Techno che li fa distintamente emergere dalla stessa scena Post-Punk.

In questo album, prodotto da Remi Kabaka Jr. (Gorillaz, Yard Act), un basso strapieno di groove e ritmo scazzotta spesso per il ruolo di protagonista con basi elettroniche dal forte richiamo ai primi Prodigy e Chemical Brothers. Il tutto è amalgamato ad una voglia di Nine Inch Nails e alla voce super (forse troppo) sensuale del frontman Harrison Swann, una combinazione che evoca oscure energie interiori sprizzanti di sudore da rave. 

Le atmosfere di Effigy sembrano uscire direttamente dal club di Matrix dove Neo e Trinity si incontrano per la prima volta, o come afferma la stessa band: «una delle maggiori influenze su questo disco è stata l'introduzione del film Blade, in cui il personaggio viene trascinato a un rave di vampiri. C'è così tanta tensione, anticipazione e intimidazione in quella scena. Volevamo creare il tipo di musica che avremmo suonato se ci fossimo esibiti in quel club, per calarci in quella scena e vedere fino a che punto potevamo spingerci».

Little Simz - Mood Swings | Album: Drop 7 (Rap, Dance, 9 Febbraio)

 La rapper londinese pubblica il settimo album della serie Drop, con cui celebra il decennale dall’uscita di Drop 1 (2014). Questo progetto si struttura come una sorta di mixtape, in cui l’artista attraverso mini-EP sperimenta suoni e stili. Drop 7 si articola in 7 tracce totalmente influenzate dalla dance, il lavoro più club di Little Simz. Un mix di suoni che passano dalla drum’n’bass alla techno/deep house, l’ascoltatore per 15 minuti viene stimolato con musica che lo trasporta dai fabbricati londinesi alle spiagge giamaicane.

Rabhas - Propaganda Antiumana ( Broken Bones Production, death-metal, 7 febbraio)

Il gemellaggio tra metal e hardcore, specialmente in Italia, è ai massimi storici e finisce per procurarci prodotti sempre più ibridi per quanto diligenti sui generi di riferimento.

È il caso dei bolognesi Rabhas, che alla loro terza uscita si presentano con 10 pezzi del death dei capostipiti, con alcuni però: i testi in italiano, perfettamente comprensibili come raramente capita nel genere, tirano la volata ad un'espressività più variopinta, che prende corpo nel divertissement che è Nevrosi Allucinatoria, 6 minuti di ottovolante con momenti che rimandano più ai Negazione che agli Slayer.

Ed in generale, in tutti i pezzi un’ottima tecnica offre comunque la sponda a una maslana orecchiabilità. Per tranquillizzare gli amici metallari all’ascolto, i temi son quelli classici: paranoia, follia, morte, corpi in decomposizione, insomma le solite cose. 

Royel Otis - Pratts & Pain (16 Feb 2024, indie-pop/rock, Ourness PTY LTD)  

Il duo che compone i Royel Otis ha finalmente rilasciato il proprio album di debutto con Pratts & Pain! Dopo averci fatto affezionare alle loro sonorità indie, che ricordano gli anni d’oro del brit-rock dei primi anni 2000, con moltissimi singoli di grande successo, come Oysters In My Pocket, del 2021, questo album rappresenta bene una generazione ansiosa e piena di intensità istintiva, che si fa trasportare da ritmi veloci e una voce che sembra recitare ogni parola con distratta svogliatezza e allo stesso tempo grande passione.

Da quanto raccontano gli artisti, l’album prende il nome dal pub da loro frequentato durante l’incisione dell’album in Inghilterra, erano diventati ormai assidui clienti, tanto che il pub era la tappa necessaria per procedere ogni giorno nel progetto creativo della scrittura di questo stesso album.

C’è molta profondità in questo lavoro, che non si rende subito evidente per via dell’uso di synth e parti di tastiera in quegli accordi maggiori che non ci rimandano subito a sentimenti tristi, pesanti o negativi. Un contrasto che per me funziona sempre. Come quando tutti scoprimmo che il famoso pezzo Pumped Up Kicks dei Foster The People (2011) dal suono così catchy e quasi spensierato, celava la tetra storia di un uomo con fantasie omicida. I Royel Otis non parlano certo di questo, parlano di relazioni, di ansie esistenziali, di mancanza. 

Helado Negro - PHASOR (9 Feb 2024, alternative/elettronica, Private Energy)

Se c’è un album che ha catalizzato totalmente la mia attenzione e ogni mia giornata di febbraio, è stato Phasor di Helado Negro.

Non nascondo che sicuramente le circostanze della mia vita personale mi ci abbiano fatto affezionare, essendo stati condivisi con me da una persona dopo una conversazione di forte emotività, ma sin dal primo ascolto di Best for you and me e Colores del Mar, me ne sono innamorata.

Le tracce vocali che si sovrappongono, i suoni analogici mischiati a quelli elettronici in un’alternanza ritmica che coinvolge con estrema sofisticatezza, Helado Negro trasporta in un’altra dimensione, la sua, creando una coerenza stilistica traccia dopo traccia che è davvero rara da trovare, soprattutto quando ogni traccia dell’album può vivere sia come singolo, per la completezza di ognuno di essi, che perfettamente incastonato nel progetto totale. Per me è l’album del mese, e vedremo se sarà anche uno dei miei album dell’anno. Ne consiglio vivamente l’ascolto, per chi ama artisti come James Blake e Devendra Banhart.

Chelsea Wolfe - She Reaches Out to She Reaches out to She ( Loma Vista, Darkwave, 9 febbraio)

 È tornata la bestia che gridò “GOTH!” nel cuore del mondo.

Settimo album per la cantautrice americana, che si è costruita una credibilità attraverso una voce calda e cristallina a far da contraltare su musica dark e più che in passato tendente a un rock industrial. Inoltre i tipici massicci bordoni di chitarra fra Post-Rock e Doom sono attenuati per lasciare spazio a voglie di Trip-Hop alla Portishead. In occasioni come Place In The Sun troviamo addirittura assonanze con Lana Del Rey.

Un disco che magari fa storcere il naso ai fan di vecchia data ma che non perde assolutamente la natura alternative-folk molto gotica e “lynchiana” della nostra Wolfe.

10 pezzi solidissimi, tra i quali spiccano l’indiavolata House of Self-Undoing, il soul sui generis di Everything Turns Blue e l’intensa noise ballad finale Dusk.

Una Wolfe che potrebbe essere definita scherzosamente come “l’unione di Bjork e  Bring Me The Horizon con un tocco di Massive Attack il tutto reinterpretato dalla versione satanica di PJ Harvey”.

Kula Shaker - Natural Magick ( Strange Folk/Absolute, Neo Psichedelia, 2 febbraio)

No, non si chiamano così perché fanno muovere i culi, però i culi li fanno muovere. Kula Shaker è la storpiatura di Kulacēkaraṉ, membro di un gruppo di mistici e poeti hindu del XII secolo, e come si può intuire la band britannica nata negli anni ‘90 costruisce un sound davvero unico, coniugando la musica psichedelica anni ‘70 con l’iconografia induista, dichiarando di amare qualsiasi cosa di essa…compresa la svastica.

Diventare “nazisti per caso” rovinò la loro ascesa, ma non ha impedito ai Kula Shaker di tornare a suonare la loro musica all’insegna di peace, love & Spicy Curry. Nonostante i 50 anni suonati i Kula Shaker continuano a essere ispirati e groovy, sfornando un singolone dietro l’altro.

 
 

 
 

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